google.com, pub-8172063191489395, DIRECT, f08c47fec0942fa0
top of page

STAR TREK: LOWER DECKS, LA RECENSIONE DELLA NUOVA SERIE ANIMATA PRIME VIDEO

Il franchise di Star Trek si arricchisce con una serie d’animazione in grado di stupire vecchi e nuovi fan dell’universo di Gene Roddenberry.

recensione Star Trek: Lower Decks, la recensione della nuova serie animata Prime Video

Esistono franchise intramontabili, come quello di Star Trek, che – anche dopo ben 55 anni dall’esordio nel panorama televisivo con l’epica serie ideata da Gene Roddenberry – riescono a rimanere vivi nell’immaginario degli appassionati (e non solo). Tuttavia, nell’ultimo periodo più di un dubbio era emerso sulle recenti produzioni della saga, affidate a CBS che ne detiene i diritti, specialmente dopo una terza stagione di Star Trek: Discovery di luci e ombre e che faceva temere per il futuro. Tra tutti i prodotti in uscita, quello che preoccupava di più era Star Trek: Lower Decks, in quanto partiva da presupposti non particolarmente incoraggianti. Toccare un titolo così iconico come quello di Star Trek per renderlo una serie animata comedy, sfacciatamente contemporanea e impertinente, era già di per sé un pericolo non indifferente. Se poi ci si aggiunge il fatto che la serie (ideata nientemeno che da Mike McMahan, tra i “padri” di Rick and Morty) si inserisce alla stregua di un panorama ricco di prodotti già affermati e popolari – oltre alla già citata Rick and Morty, vedasi altri show interessanti come Solar Opposites e Final Space – i timori erano più che comprensibili tra fan più “integralisti” del culto trekkie. Quello che Lower Decks ha fatto, al termine della sua prima stagione, è invece ascrivibile alla dicitura di piccolo “diamante” (per quanto grezzo e migliorabile) della narrazione seriale moderna, andando a porre le basi per uno show solido e pieno di colore. In questa nuova serie animata, oltre al fascino per i viaggi spaziali tra le diverse civiltà che popolano l’universo, a essere vitale è tutto l’immenso sostrato di coloro che nelle storie, di solito, vengono dimenticati: i guardiamarina, i “semplici” membri dell’equipaggio, i veri eroi della serie. Quali sono le ragioni, dunque, che hanno portato Lower Decks a diventare la produzione di Star Trek più interessante degli ultimi anni? Vediamole insieme.

La vita ai “ponti bassi”

Fin dai momenti iniziali dello show, lo spettatore viene a conoscenza del primo di tanti grandi ribaltamenti che caratterizzano Lower Decks. Come il titolo suggerisce, infatti, non sono la plancia (in questo caso della nave USS Cerritos) e i suoi ufficiali a essere i protagonisti, ma a prendersi la scena sono i cosiddetti “ponti bassi” e la vita solo apparentemente monotona di chi fa parte dei ranghi inferiori. Come ci viene abilmente spiegato nel primo episodio, i guardiamarina dei ponti bassi non si occupano del “primo contatto” con le varie civiltà, ma del secondo, che in realtà spesso è ben più importante. Le avventure principali della serie animata non sono quindi quelle del capitano Carol Freeman e della sua squadra brillante e “patinata” (relegate a elementi di contorno e totalmente secondarie), ma quelle di Brad Boimler (doppiato da Jack Quaid di The Boys) e Beckett Mariner (Tawny Newsome). I due ragazzi sono totalmente ai poli opposti: Boimler è un maniaco dell’organizzazione e dell’ordine, si attiene a ogni protocollo della nave e ha il sogno di salire di grado; Mariner, invece, infrange qualsiasi regola e preferisce la vita ai ponti bassi, nonostante sia decisamente talentuosa e preparata. Insieme a loro si trovano anche Sam Rutherford (Eugene Cordero), ingegnere geniale ma un po’ distratto, e D’Vana Tendi (Noël Wells), la nuova arrivata sulla nave che viene assegnata all’unità medica e partecipa entusiasticamente alla vita a bordo. Con l’incedere degli episodi, la narrazione porta lo spettatore a vivere avventure entusiasmanti e piene di emozioni che a volte partono da elementi di trama completamente ignorati dalle grandi serie trekkiane, o comunque considerate non particolarmente rilevanti. È questo uno dei primi punti di forza dello show animato di McMahan, perché ricorda a chi decide di immergersi nei 10 episodi della sua creazione che si può trovare lo straordinario anche in ciò che è completamente ordinario.

Ecco come un semplice controllo di routine può trasformarsi in un’avventura piena di pathos, oppure come un piccolo guasto o problema della nave può nascondere difficoltà che nemmeno gli ammiragli sarebbero in grado di risolvere da soli. Inoltre, la dualità esplosiva degli assoluti protagonisti – Boimler e Mariner – è il motore di un prodotto che riesce a colpire anche chi è alla ricerca di una narrazione più profonda. I due, che diventeranno amici nel corso degli episodi, impareranno ad appianare le loro differenze e ad appoggiarsi l’un l’altra per superare le difficoltà di ogni giorno. Ciò permette alla serie di mostrare un lato affettuoso e tenero della relazione uomo/donna che fin troppo spesso si declina in maniera semplicistica nell’amore in simili prodotti audiovisivi, e che invece in Lower Decks evolve verso un sentimento di fratellanza. Meno accennato sembrerebbe, invece, il sottile rapporto che sfiora a volte l’amoroso tra Rutherford e Tendi, ma che comunque non si traduce mai in qualcosa di più di una reciproca stima e amicizia, almeno in questa prima stagione.

A spasso per lo spazio

Non è solo l’intensità dei rapporti personali a essere intrigante nello show. Ogni puntata serve a esplorare il meraviglioso universo di Star Trek, fatto di pianeti incredibili e civiltà tutte diverse tra loro e con la propria cultura e personalità. La diplomazia spaziale è difficile, e spesso le incomprensioni fanno nascere dei conflitti rocamboleschi che animano gli episodi, o che mettono gravemente in pericolo i rapporti di pace. Ma, anche in questo caso, la serie animata (che non è la prima a tema Trek, vale la pena ricordare il bel prodotto televisivo andato in onda tra il 1973 e il 1974) decide di ribaltare i canoni ai quali siamo abituati da mezzo secolo a questa parte. A dominare, infatti, non è la componente profonda e intensa delle problematiche dell’equipaggio e dei loro rapporti con l’universo, ma è una vena comica e scanzonata (ma non per questo superficiale), unita a una godibilissima componente action che caratterizza anche le situazioni più tese e complesse. Lower Decks diverte, fa ridere genuinamente, ma fa anche riflettere su svariate questioni sociali che – partite da galassie e tempi lontanissimi dal nostro mondo – sono in realtà applicabili a quanto viviamo ogni giorno sulla “banale” Terra. Il conflitto tra grandi potenze e piccole civiltà, l’etica, la morale e persino il dominio della tecnologia sui rapporti personali, sono tra le tematiche affrontate durante una prima stagione che cerca in maniera ironica di dimostrare quanto sia davvero minima la differenza tra presente e futuro quando si tratta di umani (o vulcaniani, o anche orioniani) e delle loro emozioni, a volte stupide e incomprensibili, ma affascinanti.

Per questo motivo Lower Decks è adatta a tutti, e non solo ai fan di Star Trek. Non si tratta solamente di una grande citazione colma di affetto al franchise di Roddenberry e dei suoi successori, ma di un prodotto che riesce ad avere una propria credibilità al di fuori del contesto nel quale si sviluppa, senza però diventare una cornice vuota e utilizzata per sfruttare il nome tanto caro agli appassionati trekkie. Anche senza comprendere ogni piccolo dettaglio su storie e nomi menzionate all’interno delle puntate, gli spettatori hanno di fronte uno spettacolo convincente ed energico, che (al netto di una partenza lenta) porta a voler esplorare sempre di più la vita di nave. Le avventure dei protagonisti affascinano e tengono incollati allo schermo, ma anche quelle dei ranghi più alti risultano interessanti. Il capitano e gli altri membri della plancia, che progressivamente nella serie assumono il ruolo di comprimari veri e propri, consentono di esplorare diverse dinamiche sociali e rapporti di forza (spesso invertiti) tra capi e subordinati, non senza equivoci e situazioni divertenti nati dalla disparità dei ruoli.

Cogliere l’essenza

Se è vero che la serie animata di McMahan può essere tranquillamente apprezzata da un pubblico meno informato circa il franchise di quanto non possa essere un Discovery o un Picard, è impossibile negare che Lower Decks premi coloro che amano da sempre l’universo narrativo trekkiano. Gran parte della forza del prodotto è rappresentata dalle citazioni intelligenti (e molto “fandom friendly“) a fatti avvenuti nei decenni di serial e pellicole incentrate sulle avventure dell’Enterprise e delle altre fantastiche navi che ne hanno popolato l’immaginario. Non mancano grandi riferimenti a personaggi come Spock, Kirk e Miles O’Brien, o a film come L’ira di Khan, che arricchiscono di preziosi easter egg e di profondità una serie che di citazionismo non vive, ma che comunque poggia delle stabili radici su un immaginario comune creatosi nei decenni. Una piccola perla, l’incredibile cameo nell’episodio finale, che non vogliamo spoilerare ma che sarà particolarmente apprezzato dagli appassionati. Conoscere il significato di determinati riferimenti, o perché certi personaggi siano così importanti all’interno della continuity, è fondamentale per cogliere la vera essenza di un prodotto che comunque non è esente da difetti. La storia, soprattutto nelle prime puntate, procede a ritmo piuttosto lento e va avanti solamente grazie al bell’approfondimento psicologico dei personaggi, che comunque è ancora accennato, soprattutto per le figure secondarie. Inoltre, l’impressione è che nel finale si sia accelerato troppo per chiudere una narrativa che forse avrebbe avuto bisogno di un paio di episodi in più per essere esplorata completamente.

Tuttavia, queste non sono che piccole sbavature in un prodotto davvero solido e ben curato, che sarà in grado di convincere i fan più scettici della sua bontà, e che potrà attirare una buona dose di curiosi. Le ingenuità potranno essere corrette con i futuri archi narrativi, e la fine della prima stagione ci lascia con una trama sì conclusa, ma che comunque è aperta a scenari e dinamiche interessanti che inevitabilmente dovranno svilupparsi tra i protagonisti dopo le loro scelte durante il decimo e ultimo episodio. La sensazione è che questo non sia altro che un antipasto verso un futuro radioso, che, con i prossimi cicli di episodi, potrà riportare a splendere uno Star Trek che da anni non era così interessante. Lunga vita e prosperità.

Star Trek: Lower Decks è una serie fresca e innovativa, che riesce in un’impresa fallita da molti altri prodotti che hanno popolato il franchise negli ultimi decenni: creare qualcosa di nuovo, saper raccontare delle storie interessanti e che al tempo stesso non snaturino la vera essenza trekkiana che ha appassionato fan per intere generazioni. Al netto di qualche piccolo problema di ritmo (soprattutto in fase iniziale) si tratta di uno show incalzante e che fa venir voglia di premere subito il tasto play alla fine di un episodio. Le future stagioni dovranno rispettare le grandi aspettative che si sono create con le prime dieci puntate, ma la strada è tracciata e da qui si può solo migliorare.

0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page