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Perché l’Europa dice che la terza dose del vaccino anti Covid non è urgente

La questione ‘terza dose del vaccino anti Covid’ è sicuramente uno degli argomenti più caldi di questi giorni. Se in Italia è stato lo stesso ministro della salute, Roberto Speranza, ad aprire a questa possibilità (“Dobbiamo fidarci della comunità scientifica. Ritengo molto probabile che andremo in quella direzione”) col viceministro Sileri sulla stessa lunghezza d’onda e Ricciardi (ex presidente ISS) dell’idea che “entro l’autunno” sarà da somministrare “ad anziani e categorie fragili”, in Europa sono dell’idea che il nuovo richiamo del siero contro il Coronavirus “sulla base delle evidenze attuali, non è urgente la somministrazione di dosi di richiamo a individui completamente vaccinati nella popolazione generale”. Questa la conclusione della relazione pubblicata ieri 1° settembre dall’Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. “Dovrebbero già essere prese in considerazione dosi aggiuntive per le persone con un sistema immunitario gravemente indebolito, come parte della loro vaccinazione primaria, se non raggiungono un livello adeguato di protezione con la vaccinazione primaria standard”, si raccomanda.

Perché l’Ecdc dice che la terza dose non è urgente

Secondo l’Ecdc, “è importante distinguere tra dosi di richiamo per le persone con un sistema immunitario normale e dosi aggiuntive per quelle con un sistema immunitario indebolito. Alcuni studi – ricordano infatti gli esperti – riportano che una dose ulteriore di vaccino può migliorare la risposta immunitaria nelle persone immunocompromesse, come i trapiantati d’organo le cui risposte iniziali alla vaccinazione erano basse. In questi casi”, appunto, “la possibilità di somministrare una dose aggiuntiva di vaccino dovrebbe già essere presa in considerazione”.

Inoltre “si potrebbe anche prendere in considerazione la possibilità di fornire una dose aggiuntiva, come misura precauzionale, agli anziani fragili – sottolinea l’Ecdc – in particolare a quelli che vivono in ambienti chiusi come i residenti delle strutture di assistenza a lungo termine”.

L’Europa al lavoro sul futuro del vaccino anti Covid

Ad ogni modo L’Ecdc e l’Agenzia europea del farmaco Ema proseguiranno il loro lavoro di raccolta e valutazione dei dati sul vaccino e la relazione tecnica verrà aggiornata progressivamente.

Gli Stati membri” dell’Ue “devono prepararsi a possibili adattamenti dei loro programmi di vaccinazione” anti-Covid, “qualora si notasse una diminuzione sostanziale dell’efficacia del vaccino in uno o più gruppi di popolazione”, suggerisce quindi l’Ecdc. Gli esperti suggeriscono quindi di proseguire il lavoro “stretto monitoraggio dei dati sull’efficacia del vaccino e delle” cosiddette “infezioni breakthrough” che colpiscono chi si è già sottoposto al vaccino, “in particolare tra i gruppi vulnerabili a rischio di Covid-19 grave e tra coloro che vivono in ambienti chiusi”.

Consigliare l’approccio da adottare concretamente – precisa l’Ecdc – rimane “prerogativa dei gruppi consultivi tecnici nazionali sull’immunizzazione (Nitag), che guidano le campagne di vaccinazione nei vari stati membri dell’Unione europea. Questi organismi sono infatti nella posizione migliore per tenere conto delle condizioni locali, compresa la diffusione del virus e delle sue varianti preoccupanti, la disponibilità di vaccini e le capacità dei sistemi sanitari nazionali”.
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